Incontro dedicato alla poesia dialettale.

28.01.2017 17:00

Nel corso dei secoli il territorio marchigiano ha subìto influssi diversi non solo politicamente ma anche lunguisticamente. Già nel Cinquecento si riscontrava che “i nostri paesani” nel parlare usavano “molte voci e parole longobardiche e gotiche” e, tre secoli più tardi, nel nostro linguaggio molte erano le parole di origine germanica. Vocaboli e modi di dire qui immigrati fin dai tempi più remoti hanno portato nelle Marche ad una pluralità di dialetti quale non si registra in nessun’altra regione. Gli studiosi hanno classificato i dialetti marchigiani in tre gruppi: grosso modo, il gallico-romagnolo presente a nord dell’Esino; l’umbro-toscano nella parte più centrale; l’abruzzese nella zona del Tronto. Sfugge a tale classificazione Ancona, che, per i suoi contatti marinareschi e commerciali, ha un dialetto a sé. Sfugge in certa misura anche il dialetto jesino, il quale, più che umbro-toscano, è romano-toscano. In ogni caso è difficile determinare una geografia esatta dei dialetti; basti dire che nella stessa Jesi, fino a non molto tempo fa, si aveva una marcata differenza tra il dialetto di città e quello di campagna. Il linguaggio popolare jesino “è ricco di locuzioni, di detti forti e delicati, rozzi e raffinati, scanzonati ed amari, urtanti e suadenti, pronti a cogliere dal fatto particolare i valori universali della realtà umana, capaci di esprimere con vivacità immediata, il complesso moto dell’uomo nella sua dimensione individuale e collettiva”. Il dialetto jesino “non ha fronzoli ne superfluità, ma mira all’immediatezza: molti, infatti, sono i troncamenti e le elisioni, specie nell’articolo, nel nome e nel verbo infinito”. Il dialetto jesino è parlato anche nei paesi della Vallesina: Belvedere, Castelbellino, Castelplanio, Maiolati, Monsano, Montecarotto, Monte Roberto, Morro d’Alba, Rosora, San Marcello e Santa Maria Nuova; fanno eccezione Cupramontana, San Paolo di Jesi e Staffolo, dove il dialetto si avvicina di più a quello di Macerata esi è stata una delle città più feconde di poeti in vernacolo della provincia, da quando, negli anni 1893-94, un gruppo di studenti si riunirono attorno al periodico La Torre di Jesi, considerato “la fucina della poesia dialettale jesina”. Fra gli altri giornali prettamente dialettali che si pubblicarono a Jesi fino all’ultimo dopoguerra si ricordano: Il Birichino, Il Pupazzetto, Il Folletto jesino. Tra i poeti in vernacolo, soliti a riunirsi presso lo storico “Caffè Grande”: Giacomo Magagnini (Jacopone da Jesi), Silvano Rossini (Nissiro Novalsi), Ezio Felicetti (Martin Calandra), Renato Fazi (Zafi Rateno), Raffaele Barchiesi, Duilio Diotallevi (Duilio) e Aurelio Longhi (Lello Longhi). In conseguenza dei crescenti contatti fra gente di diversa estrazione e provenienza ma soprattutto per l’influenza esercitata da radio, televisione, cinema e giornali, oggi il dialetto è sempre meno parlato. Dialetto e lingua si influenzano reciprocamente, determinando un progressivo avvicinamento del primo alla seconda o anche una penetrazione nella lingua di elementi dialettali. Cosicché anche il dialetto jesino “dal passato al presente è andato gradatamente trasformandosi e ingentilendosi anche nel volgo. Oggi molte espressioni tipicamente volgari e certi vocaboli sguaiati sono rimasti soltanto sulle labbra dei vecchi popolani analfabeti”. “Conoscere Jesi”, G. Luconi – P. Cocola

Nella serata organizzata dal Circolo Ferrini di Jesi il Dr Santoni , presidente del Circolo, ha illustrato con slides questi poeti dialettali jesini , declamando anche alcune poesie di Martin Calandra ( “Martin” cioè piccolo Marte, per il carattere battagliero e “Calandra” come l’allodola che si libra alta e libera nel cielo delle campagne jesine.) cioe Ezio Felicetti.

Hanno partecipato la poetessa Marinella Cimarelli di cui ricordiamo la sua poesia sulla dieta, le tre brave interpreti Veniera Gualdoni, Maria Novella Lenti e Paola Gregori che non solo hanno declamato con rara sensibilità poesie di Lello Longhi e Ugo Fazi ma ci hanno fatti divertire con le loro spontanee interpretazioni del “ Il Censimento “ e “Lo sfogo di una suocera”.

Ha chiuso la serata Maria Giannetta Grizi con una serie di poesie dialettali e un brioso duetto con Santoni Nazzareno, interprete del veterinario, nella recitazione della “Pandemia”.

L. Tomasiuolo